L’ipotesi di rinnovo del contratto nazionale che ci stanno chiedendo di approvare è l’ennesimo triste
capitolo di una vicenda che è si è avvitata su se stessa in un modo difficilmente comprensibile prima ancora
che accettabile. Per ragioni di metodo prima ancora che di merito.
Dopo la votazione sulla precedente ipotesi che ne ha sancito la bocciatura, ci si chiede di votare una ipotesi
nella quale sembrerebbero superate alcune delle questioni (e forse nemmeno le più spinose)
precedentemente respinte. Usiamo il condizionale perché, e questo è il primo problema, non esiste un
testo da esaminare. Ovvero, per quanto ci è dato di sapere, il testo è quello già oggetto di bocciatura (!!!!!)
con alcune correzioni (il cui dettaglio, appunto, non è noto).
È evidente che nel contesto di un contratto non rinnovato dal 2008 e che è stato respinto nella sua ultima
formulazione la questione della trasparenza e della chiarezza dei testi dovrebbe essere il primo punto su cui
si deve chiedere il consenso ai lavoratori.
Le modalità di votazione poi lasciano veramente contrariati. Ci sono confederazioni che hanno deciso di
non consultare nemmeno i propri iscritti e qualcuno che, invece, è costretto di malavoglia a farlo. In una
situazione eccezionale, se si lavora veramente per la soluzione dei problemi, non ci si può nascondere
dietro firme o non firme di accordi interconfederali della controparte o obblighi statutari. Bisogna dare la
parola ai lavoratori all’interno di un contradditorio vero tra le posizioni, ed è quello che rivendichiamo : una
vera consultazione e non qualcosa di ristretto a questa o quella popolazione, a geometria territoriale
variabile secondo la sensibilità della struttura territoriale di turno. Una consultazione non frettolosa perché
le persone hanno diritto di capire esattamente cosa è stato firmato e cosa no, e quali impatti ha sulle
proprie condizioni di lavoro e di salario.
Non farlo è il modo migliore per diventare casta ed allontanare definitivamente i lavoratori dal sindacato.
Nel merito, poi, dobbiamo registrare oggettivamente dei passi avanti rispetto a quanto firmato
precedentemente (per esempio si parla di una tantum per 10 anni di vacanza contrattuale anche se
largamente insufficiente a coprire soltanto il 2,1 % che non viene più versato da aprile 2018 nelle quote
individuali del Fondo Casella, si superano ingerenze di blocco nella contrattazione di secondo livello
salariale, scompaiono i blocchi sulle incidenze domenicali).
Restano però aperti tutti gli altri nodi, a partire da una quantificazione degli aumenti che fa pari con quanto
perso in virtù del calo dell’aliquota contributiva sul fondo casella (circa il 2% della retribuzione) e che
quindi, nella sostanza, non recupera 10 anni di potere di acquisto del salario ma costituisce solo una partita
di giro riferita agli ultimi due anni di retribuzione. Passando poi per i peggioramenti normativi che hanno
impatti direttamente sul salario (oltre che sui diritti) come le modifiche ai regimi di maggiorazione oraria
ordinaria e straordinaria, sulla flessibilità multi periodale, su festività, 52esimi, 6+1, banca ore ecc.
Il tutto in un quadro di incertezza (anche su questo infatti viene richiesto un atto di fede) sul futuro irrisolto
del fondo Casella e dei debiti che ha accumulato nei confronti dei dipendenti.
Noi pensiamo che un contratto nazionale che non migliori le condizioni di lavoro e salario delle persone,
che accompagna l’evoluzione della crisi di settore soltanto effettuando una compressione su salario e diritti
sia INUTILE.
Pertanto vi invitiamo a respingerlo, nelle assemblee, pretendendo che tutti i lavoratori si esprimano,
indipendentemente dalla loro iscrizione o meno a questa o quella sigla sindacale.
Rsu CGIL Rcs produzioni Milano
Rsu CGIL Rcs mediagroup
Rsu M-dis